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CAMILLE le fil virgin/Emi, 2005

C’è qualcosa di psichedelico in quest’album, una specie di traccia omogenea, un sentiero che permette di staccarti da un ascolto attivo, concentrato delle canzoni eppure di rimanerci incollato uguale. Qualcosa che ha la stessa funzione dei passi tradizionali delle danze africane che conducono alla trance sacra, movimenti ripetitivi attraverso i quali, pur rimanendo in movimento, il danzatore dimentica di avere un corpo fisico e si trascende. Questo sentiero, questo “filo”, appunto, altro non è che un SI. È questa nota, stretchata per tutto l’album - addirittura per più di mezz’ora dopo la fine dell’ultimo pezzo - da cui si originano e su cui terminano le quindici tracce del secondo album della cantautrice parigina Camille. L’autrice spiega così, in una sorta di poesia, questa sua scelta: “lo scopo del gioco è di non perdere il filo/ho preso un respiro/ho scelto una nota e l’ho stesa/come un elastico/Martin mi ha alzata in alto/ Matthew mi ha teso un bilanciere/Ho cantato sopra e sotto il filo/Ho fatto la funambola, la contorsionista/il filo ha retto bene/mi sono ritrovata fasciata/allora ho tagliato il filo/e sono scappata/ ho corso inseguendo il mio sogno/la linea dell’orizzonte.” Tra l’altro, la leggenda vuole che proprio questo filo le abbia fatto rischiare la carriera, nel senso che pare che alcune labels, prima della virgin, ricevuto il demo, glielo abbiano rispedito indietro perché pensavano che questa sorta di basso continuo costituito dal SI corrispondesse ad un errore di registrazione… . E questa è la gente che controlla e pilota gran parte della scena musicale internazionale… vabbè… Sta di fatto che alla fine Camille il filo non l’ha perso, non l’ha rotto, non l’ha sfilacciato. Ci ha giocato. Ce lo ha teso. Lo ha lanciato come un pescatore fa con il filo da pesca e ci si è pure lanciata lei, come Tarzan fa con le liane. E sfruttando questo filo, Camille ha esplorato innanzitutto la sua voce, meravigliosa, le sue potenzialità, le direzioni in cui si può muovere, lasciando gli strumenti agli angoli di questo lavoro. Del resto quando hai una voce del genere, chiara e calda, con un timbro che sembra talvolta quello di una giovane donna, talvolta quello di una bambina e puoi contare su un’incredibile duttilità, non è che gli strumenti siano proprio necessari. Medulla di Björk (Elektra, 2004) potrebbe costituire in questo senso uno dei riferimenti più chiari all’album della bella francese se solo i due lavori non fossero stati registrati praticamente in contemporanea. Niente copia/incolla quindi, piuttosto ispirazione simultanea. Al massimo un caso di telepatia franco-islandese. L’intenzione di regalare alla vocalità il più largo spazio possibile è tale che Camille si sostituisce agli strumenti perfino nella sezione ritmica di alcuni pezzi, fra cui Ta douleur, primo singolo estratto dell’album, in cui esegue del beat box poco ortodosso a suon di pernacchie , colpi di tosse, soffi, schiaffi e altri versi improbabili… insomma, non è solo beat box, è più un beat universe, perché chiamarlo con il termine tecnico di human box a me sembra sinceramente un po’ riduttivo… Due parole sui testi, delicati e divertenti esattamente come la composizione le infinite e snervanti liste di perchéquestoperchèquello dei bambini, che talvolta sfiorano il surreale: Pourquoi tu m'appelles karine avec un c alors que j'm'appelle carine avec un k? In Vous, sempre come una bambina capricciosa, Camille dichiara di essersi ufficialmente rotta del vouvoiement – cioè l’usanza francese di dare del “voi” praticamente a chiunque, decisamente più diffusa di quanto non sia l’uso del “lei” in Italia – e di voler aderire al costume anglosassone: you per tutti, tutti sullo stesso piano, fine dei problemi. Più intimistici e commuoventi La jeune fille aux cheveux blancs, con cui il disco si apre, Pour que l'amour me quitte, una preghiera disperata perché l’amore lasci il suo cuore, e Rue de Mènilmontant, uno scorcio sulla celebre via parigina in cui la cantante vive. In Baby carni Bird poi, Camille dà prova di talento di scrittura anche in lingua inglese, capacità che continuerà poi a sviluppare nell’album Music Hole, prodotto sempre da Virgin nel 2008 e quasi interamente anglofono. La critica e il pubblico hanno decretato velocemente il successo di questo lavoro ispirato, intelligente – anche nel senso etimologico del termine, che fa riferimento alla capacità di comprendere le cose per poi, appunto, collegarle tra loro - e originale, che si è assolutamente meritato il disco di platino ricevuto un anno dopo la sua pubblicazione e il relativo successo internazionale. Curiosità: avete presente il film d’animazione Pixar Rataouille? Ma sì dai, quello del topolino che voleva fare il cuoco? Ecco, nella versione originale francese il personaggio di Colette ha la voce di Camille, che ha anche scritto Le Festin, tema principale del film. Kia
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