Arpeggi. Stilizzati. Chitarra. Che parla. Battiti. Del cuore. Pennate in giù che portano su. E viceversa. Troppo numerose la sensazioni per (ri)portarle qui. Segnali di stile. chitarra come passione. Chitarra capace di fare (del) male. New age? No, non è possibile ingabbiare questo lavoro in un genere. E solo per questo andrebbe ascoltato. Questo disco cazzuto (perché sfonda in chi si dispone interiormente a lasciarsi contaminare) è segnato da continue minacce di abbandono. Laconico come una lama, breve come una puntura, intenso come un cognac attraversato dai lustri… IF si dispone, senza nessuna pretesa – ed è questa forse la cosa che più sconcerta! - sul tessuto del nostro sentire. Per parlarci. Di cose che probabilmente sapevamo già. Ma che non ricordavamo. Dunque una cura all’Alzheimer? No. Una cura. E basta. Angelo Rizzi
Pubblicato il 01/01/90