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KADAVAR

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Il maremoto scatenato dalle orde di band dedite al ''nuovo'' retro rock sta prendendo le sembianze di una vera e propria invasione: mossi dalla voglia di sfruttare il momento d'oro con la rinascita del rock in generale e dei seventies in particolare, molti musicisti si dedicano a queste sonorità, ma non tutto oro è quel che luccica, e tra le decine e decine di band mediocri che affollano il mercato ogni mese ce n'è però qualcuna che sentiamo vivamente di proporvi e di consigliarvi. Questo è il caso dei qui presenti Kadavar, band da non confondere con l'omonimo ed italianissimo gruppo votato ai territori decisamente opposti del death metal. I nostri sono tedeschi, esattamente di Berlino, e suonano come una versione garage di Led Zeppelin, Hawkwind e Black Sabbath. Chitarre secche dal fuzz impazzito e tirate al massimo, una batteria terremotante e dinamica come poche altre mi è capitato di sentire in questo genere, un basso pulsante capace di insidiarsi in ogni spazio lasciato vuoto e un cantante di razza che ben si adatta al sound creato, riuscendo ad esaltarlo in maniera convincente. Si parte alla grande con All Our Thoughts, che accende i fuochi con il suo incedere blues dai toni ribelli giocato su eccellenti chiaroscuri chitarristici. Il pezzo scorre che è un piacere, grazie a trame facilmente memorizzabili e ad un ritornello a presa rapida. Black Sun sembra celare oscuri rituali, creando i presupposti per antiche danze pagane recitate dinanzi al fuoco nei solstizi che preannunciano sacrifici agli dei del male. Il brano è molto coinvolgente ed evocativo in tal senso, ed è sorretto dalla furia hard rock che incessantemente anima la band. Forgotten Past è anch'essa pregna di blues, del più malato e marcio che possiate immaginare: i riff sono lenti, pronti a scomodare il doom sabbattiano quanto le orgie elettriche alla MC5. In Goddess Of Dawn - la migliore per chi scrive, anche grazie a un ritornello che si stampa subito in testa - sembra di ascoltare una versione più dura e lineare dei Witchcraft: un vortice elettrico impazzito, un assolo magmatico e un riff portante dal grande impatto emotivo. Quattro minuti da brividi lungo la schiena. Creature Of The Demon si lascia andare a lunghi conati di acida psichedelia, dove il fuzz delle chitarre raggiunge il suo apice massimo; qui sembra di ascoltare l'eco dei Radio Moscow posseduti da qualche divinità pagana del nord europa, l'ennesimo centro. Chiude la sfilata di stelle la lunga e penetrante Purple Sage: il range stilistico è qui rivolto ai migliori Hawkwind, e lo space e la psichedelia si forgiano in colate laviche di fuoco, in una nera visione d'insieme che riversa la sua rabbia nel marasma abrasivo che la band mette in atto con grande estro e personalità. Poche tra le band che si cimentano in questi generi, al giorno d'oggi, sono dotate della bravura e del songwriting vincente dei Kadavar, anime in pena che vagano per le foreste teutoniche in cerca di linfa vitale per la loro arte. Attenti a non addentrarvi troppo in questa buia palude di note, potreste perdervi senza alcuna possibilità di ritorno. www.facebook.com/KadavarOfficial

KADAVAR è presentato in Italia da HARD STAFF

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