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JIM WHITE/No Such Place Cosa aspettarsi da un freak sfasato come Jim White, nato in Florida nella comunità pentecostale di Pansecola, un luogo in cui, a sentirlo parlare, "o sei nella Chiesa o sei un eroinomane", cresciuto coltivando sogni da surfer professionista stroncati da due gravi incidenti alle gambe, finito a sfilare come modello nelle passerelle milanesi e ritornato in USA per essere assunto come tassista nella giungla d'asfalto newyorkese? Ovviamente, un gioiello di gotico americano come il debutto "Wrong Eyed Jesus". Questo secondo sforzo, sempre per la Luakabop di David Byrne ne riconferma la stramba genialità anche se gli swamp tecnologici prodotti da Morcheeba, hanno una patina dance-pop che ne svilisce la potenziale intensità carnale. Il resto dell'album prodotto alternativamente dal guru dell'underground giapponese Sohichiro Suzuki (World Standard, Yellow Magic Orchestra), Q-Burns Abstract Message e dal co-fondatore di Sade Andrew Hale, è invece la dimostrazione di come un'elettronica minimale e spiazzante possa contaminarsi perfettamente con banjos, mandolini, acustiche, narcolettiche ballate di frontiera danze country dal ghigno demoniaco, chincaglierie soniche come un Tom Waits alle prese con gli incubi di Hank Williams, desolati lamenti redneck, storie di "redenzione, depravazione, automobili rotte e cuori spezzati". Un mirabile pastiche di countrv post-moderno.