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AT SWIM TWO BIRDS

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A volte la nostra malinconia giunge con cristallina purezza ai sensi del mondo. Altre volte lo stesso malessere (che -sì, certo- al contempo affeziona di sé e ci fa star bene) pur sollecitando visioni e tormenti non supera l'ostacolo che all'energia è posto dall'espressione. Robert Burton produsse un capolavoro anatomico, noi la prima volta abbiamo semplicemente provato a metterla su carta di diario, o ci siamo lasciati andare al telefono ad un umore spettralmente affascinante di cui ha beneficiato un'amica speciale in una sera speciale. C'è insomma questa segreta, intima misura/mistura della malinconia con gli eventi occasionali della vita che ne decreta la sua più o meno nitida traducibilità in arte. "Quigley's point" (così come "Seventeen stars" dei Montgolfier Brothers) aveva tutta l'aria del miracolo evenemenziale, ovvero del fortunato (sia sottolineato) incontro d'una sensibilità accentuata con un mezzo espressivo (la canzone pop). Era il profondo bisogno di sublimare lo sciatto orrore della banale e squassante quotidianità delle relazioni che s'appropriava d'un mezzo e lo magnificava, proiettandolo a vertici astrali. "Quigley's point" era disco spartano, semplice, ma d'un'intensità sconvolgente. Si badi bene: intensità che continuiamo ad attribuire tutt'oggi a Roger Quigley, e che, in quel particolare caso, diventava alchemica meraviglia. "Returning to the scene of crime" è il (legittimo) tentativo di fare della magia un lavoro salariato. Anche non scegliendolo, è qualcosa che succede a chi non s'inguittisce. S'intenda: noi preferiamo che sia Roger ad andare in giro per l'Europa con qualcosa in cuore che abbia a che fare con la musica. Lui tutta la vita piuttosto che un qualunque adolescente con allergia da plaid e blog con gli orsacchiotti. Perché Roger ha il dono della sobrietà. Di quel sussiego disperato che prende alla gola e si maledice in frasi vibranti che solleticano/sollecitano il cuore al brivido. E' sempre una disgrazia ch'egli non si premuri di fornire anche i testi delle sue canzoni a noi non anglofobi e che si debba sempre e perdinci sbobinarle mentalmente come esercizio d'affaticante sottotitolo. Nondimeno esse sanno come aggettare come tagli sulla pelle. Stavolta però l'ascolto non (mi) dà dolore: è come partecipare ad una funzione religiosa, un rito ciclico di appartenenza alla sfiga. Che è anche giusto. Che è anche bello. La musica s'è parecchio "normalizzata", ha perso i suoi guizzi di pathos: si controlla meglio. In altri termini è un lavoro più maturo. Non un solo episodio fuori posto, non una nota che diverga da ciò che da sempre sappiamo di Roger. La chitarra è padrona e non concede molto al resto, la voce eppur la surclassa. Le parole fanno lo stesso con lei. L'unica cosa che penso nelle centinaia di volte in cui mi forzo di far casualmente capitare di ascoltare "Returning to the scene of crime" (e che non sia la totale sovrapposizione della mente al ritmo del mio stesso sangue) è: "Wine destroys the memory" è un pezzo di Morrissey. Giusto? www.myspace.com/atswimtwobirds

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