Il quartetto è tornato con There Is No Year, album che arriva dopo due anni di tour e due dischi acclamati come l’esordio omonimo del 2015 e il celebrato The Underside Of Power. Quando fai post punk (ne abbiamo ampiamente parlato in questo long form) ti viene naturale spingere sull’acceleratore: Idles e Fontaines D.C. in primis insegnano quanto sfrontatezza ed energia riescano a smuovere qualcosa persino in questo periodo storico apaticamente iper-digitalizzato. Ma gli Algiers c’erano prima ancora di questa esplosione post punk e sarà anche per questo che la loro parabola artistica è sempre stata inclusiva e non esclusiva. Da questo punto di vista There Is No Year si spinge persino più in là di The Underside Of Power.
I ritmi sono più dilatati (bisogna arrivare alla conclusiva Void per sentire venir giù lo stereo) e la produzione ancora più attenta ai dettagli; ai sussurri e alle ritmiche di sottofondo di Losing Is Ours, alle ibridazioni ottantine di Chaka, agli arpeggiatori vintage di Nothing Bloomed. Il terzo album degli Algiers va più a fondo, oltre il lato oscuro del potere. Questo atto di coraggio implica due conseguenze. La prima: un plauso alle ambizioni del quartetto, mentre la seconda rappresenta l’unico difetto di There Is No Year, ovvero l’assenza del singolo come, per esempio, nello scorso album era la title track.