PETER CASE Full Service, No Waiting Ha una bella moglie, una bella figlia, una bella casetta e una bella chitarra. Le immagini di copertina ci regalano l'immagine di un ex combattente, un hobo che ha smesso di girovagare per mettere radici nella tranquillità del focolare domestico. Non è il primo e non sarà l'ultimo eroe della strada che smette di correre per trovare la pace (non è forse successo anche a Springsteen?). Il problema in questi casi per noi è decifrare quanto questa nuova way-of-life si trasformi in dischi che reggano il confronto con i suoi piccoli capolavori del passato (Peter Case e soprattutto Blue Guitar). Gli anni '90 lo hanno visto abbastanza nervoso nel ricercare una propria via artistica, vagamente sfiorata con l'insoluto Six Pack Of Love, il noioso Sings Like Hell e lo spento Torn Again. La tranquillità domestica gli ha ridonato la voglia di scrivere belle canzoni, ma musicalmente il nostro sembra essersi arenato in un acoustic-sound che alla lunga stanca e toglie vigore a materiale che meriterebbe maggior attenzione. Purtroppo in consolle non siedono più T-Bone Burnett o Mitchell Fromm, ma un assente Andrew Williams, incapace di regalare qualche idea in più a brani superiori come Honey Child o Spell Of Wheels o alla programmatica Still Playin'. Niente da dire quindi sull'artista, sulla sua poetica (per nulla scontata, se ci state attenti) e sulla sua integrità, sopravvissuta ad anni di immeritati insuccessi, ma purtroppo non sarà certo questo Full Service, No Waiting a cambiare le sue quotazioni, alte solo nei nostri cuori.