PAULINE OLIVEROS Alien Bog/Beautiful Sop (Pogus Productions) PAULINE OLIVEROS Electronic Works (Paradigm Discs) Da anni nota per i suoi studi su un “ascolto profondo” attraverso la sovrapposizione accorta di frequenze e lo sfruttamento delle caratteristiche di risonanza dello spazio sonoro, il tutto usando uno strumento acustico come la fisarmonica, Pauline Oliveros ha anche un finora poco conosciuto ma importante passato come compositrice elettronica. Nel 1961 aveva co-fondato il gruppo di improvvisazione Sonics, con Ramon Sender e Morton Subotnick; mentre la Oliveros era in Europa (per aver vinto un premio di composizione della Gaudemos Foundation), i due fondarono il San Francisco Tape Music Center, che nel ’66 diventò il Center for Contemporary Music del Mills College, celeberrimo dipartimento di composizione in cui hanno lavorato i più famosi compositori elettronici americani. La Oliveros fu la prima direttrice del centro, nel biennio 66-67, e fu là che compose Alien Bog e Beautiful Soop, usando un Buchla Box 100 serie creato da Donald Buchla e un sistema di tape delay inventato da lei, con due registratori collegati, in cui il segnale registrato veniva riprodotto dal secondo registratore e rimandato al primo in una varietà di configurazioni controllate dal compositore. Entrambi sui 30 minuti di durata, Alien Bog è appunto una complessa “palude” di suoni elettronici “alieni” (la Oliveros scrive nelle note che fu indubbiamente influenzata dall’ascolto delle rane dello stagno del college, che come lei influenzarono anche altri compositori che hanno lavorato al College), alternati tra cupi e altri più laceranti e sibilanti, e che si spostano con una leggera eco sui due canali stereo. Beautiful Soop è caratterizzata dall’uso della voce umana, lunghi parlati che solitamente occupano un canale mentre sull’altro vengono giustapposti suoni elettronici, e più raramente occupano entrambi, con il leggero effetto di ritardo eco già usato nel pezzo precedente. (Pogus, c/o Silenzio o: P.O. Box 150022, Van Brunt Station, Brooklyn, New York NY 11215-0022 Usa; http.//www.taojones.com/pogus.htm. P. Oliveros Foundation: http://www.deeplistening.org/) Parallelamente al cd della Pogus, un’altra raccolta della musica elettronica della Oliveros è stata curata dalla Paradigm Discs. Si apre con I of IV, un pezzo del ’66 che era apparso a suo tempo su un fondamentale LP della Odyssey, New Sounds in Electronic Music, e che fa in effetti parte di una serie di cinque pezzi (la Oliveros sbagliò i conti, per cui dovette intitolare l’ultimo V of IV!). Questa era una composizione eseguita in tempo reale (senza taglio o montaggio di nastri) che utilizzava la cosiddetta “tecnica della combinazione di toni e ripetizione su nastro” ideata dalla compositrice nel ’65. L’apparecchiatura prevedeva 12 generatori di onda quadra connessi a una tastiera di organo elettrico, 11 operanti sopra ai 20.000 Hertz ed uno sotto ad 1 Hertz, e due registratori stereo. L’uscita della tastiera passava attraverso due amplificatori, un mixer e il riverbero di un organo Hammond, e infine nel canale A del registratore 1. Il nastro arrivava al canale B del registratore 2, che lo riproduceva con un ritardo di otto secondi. Il canale B del registratore 1 entrava nel canale A dello stesso registratore 1, provocando un doppio loop di feedback. Il canale A del registratore 2 entrava anch’esso nel canale A del numero 1, e il canale B del 2 rientrava nel B dell’1 (traduciamo dalle note al cd, sperando che non ci siano errori di stampa!). Le ripetizioni su nastro, proseguono le spiegazioni della Oliveros, servivano a fornire variazioni di timbro e dinamica a dei suoni statici. Le combinazioni di toni e le frequenze di bias dei registratori venivano inoltre modulate ad impulso dal generatore sub-audio. Indipendentemente dalle spiegazioni tecniche, il pezzo è molto bello. Il ritardo evidentemente si “somma” e abbrevia con le varie combinazioni di canali, perché, anziché di otto secondi, se ne percepisce uno brevissimo, tra un canale e l’altro. Da una relativa semplicità di partenza, si arriva subito a un’accumulazione in crescendo di suoni di diverso tipo, da sibili ad “accordi’ di rumore puro, da sonorità liquide e modulate a brevi effetti materici e sussultanti, e verso la fine a lunghi e profondi effetti “spaziali” alla Forbidden Planet, il tutto con affascinanti risonanze e l’eco instabile dato dalla natura “meccanica” e imprecisa dello scorrimento dei nastri. Colpisce ancora di più, per la sconcertante attualità dei suoni (pensando ai tanti esempi di “dark ambient” post-industriale che spopolano ancora oggi), Big Mother is Watching You (sempre del ’66), che usa un ruvido agglomerato di rumore industriale (ottenuta con bande di “rumore rosa” e altro), nella quale emergono talvolta inseriti in sottofondo nel canale destro piccoli rumori quotidiani, come forbici, e qualcuno che scava o scalpella con un utensile di pietra o ferro; poi il rumore si raffina e diventa una specie di vento da pianeta ostile, e sul canale destro di definisce una specie di strumento di lamelle di ferro (come un piano a pollice africano ma con un’unica nota), e arricchito con l’eco. Dopo i primi venti minuti il drone si fa ancora più levigato ed entrano dei finti sonagli (probabilmente costruiti con generatori di rumore), voci, e barriti alieni da Aphex Twin quando incide come AFX. Quando sembra che il brano sia finito, diverse pause di silenzio intervallano ritorni del “vento” sempre più “composto” e vetroso. Conclude il cd Bye Bye Butterfly, il capolavoro proto-plagiarista di cui abbiamo già parlato il mese scorso, per la raccolta New Music for Electronic & Recorded Media. (Paradigm Discs, c/o Demos & Silenzio, o: 46 Beversbrook Road, London N19 4QH, UK, paradigm@gn.apc.org)