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PAUL MOTIAN

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Paul Motian Batterista esemplare e insieme modello di musicalità, in queste due caratteristiche sta tutta la particolare arte di Paul Motian e del suo strumentismo "sacrilego", iconoclasta, eversivo. Motian, quando suona ascolta la musica, e questa non è una cosa così scontata nel mondo musicale contemporaneo. Egli riesce a melodizzare il suo strumento come pochi altri hanno fatto nella storia del jazz. Il suo drumming è certo propulsivo, il suo drive non manca di swing, eppure Motian si riserva anche in ogni passaggio un piccolo brivido d'irrazionalità improvvisativa, una balance ritmica un po' sghemba, un accento messo lÏ, dove nessuno si aspetta, e dove finisce per provocare un piccolo brivido di musicale goduria. Nato a Philadelphia nel 1931, ma vissuto fin dall'età di due anni a Providence nel Rhode Island, Paul Motian ha iniziato a interessarsi alla musica suonando la chitarra ("Mi piacevano i film western - ha dichiarato al Downbeat - e mi piaceva l'idea del cowboys a cantare intorno al fuoco con la sua chitarra mezza scordata"). Ma ben presto la batteria è diventato il suo strumento prediletto e all'età di ventiquattro anni si è trasferito a New York, bazzicando con continuità i club della città in un momento nel quale poteva capitare di dover scegliere nella stessa sera tra un concerto di Monk, uno di Mingus ed uno di Miles Davis. Molti dei miti di allora sono diventati ben presto suoi colleghi e partners strumentali a cominciare da Monk (col quale Motian consumò una sola session improvvisata e casuale) per andare poi avanti con Tony Scott, Lennie Tristano, George Russell, Sonny Rollins e John Coltrane. Dopo averlo conosciuto a metà degli anni cinquanta, Motian ha raggiunto il grande pianista Bill Evans nel 1959 restando al suo fianco fino al 1964 e formando insieme al bassista Scott La Faro un trio che verrà poi ricordato dagli appassionati di ogni età e latitudine. Non meno fragoroso dal punto di vista creativo, il lavoro effettuato insieme a Keith Jarrett, Charlie Haden e, solo in seguito, al sassofonista Dewey Redman; un lavoro partito sul finire degli anni sessanta e andato avanti fino a oltre la metà dei settanta. A questo punto Motian viene già considerato un maestro ed un grande innovatore dello strumento alla stregua di Elvin Jones, Tony Williams, Ed Blackwell, Billy Higgins. Negli anni ottanta e novanta, Motian si sente maturo per un progetto solista che frutterà una bella porzione di dischi fortunati e interessanti. Soprattutto in quartetto e in trio (di volta in volta con Bill Frissell, Joe Lovano, Ed Shuller, Billy Drewes, Lee Konitz, Geri Allen, Leroy Jenkins) Motian registra per label importanti come ECM e JMT, una serie di album che brillano per chiarezza d'intenti, fantasia espositiva, passione ludica ed invenzione anticonvenzionale.

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