Giulio Estremo Casale Sullo zero Edizioni papergraf £. 15.000 Ed ogni tanto la poesia ritorna a fare capolino su queste pagine, questa volta a dare suono alle parole ci pensa Giulio Casale, leader degli Estra ed ultimamente anche traduttore dei testi di Jeff Buckley in un volume uscito in questi giorni sempre per i tipi di Papergraf (recensione sul prossimo numero di music club). La poesia, più volte mi sono ripetuto, è materia molto delicata. Un modo di dire le cose sottile, teorici e studiosi da anni cercano una definizione per la poesia ma nulla ancora è sicuro. Di certo restano solo le parole e, quando queste evocano stati d’animo e sensazioni forti si può parlare di bella poesia. Casale ha un modo semplice per dire le cose, rifacendosi alla tradizione dei musicisti scrittori. La tendenza ad esprimersi anche sulla carta pare che quest’anno abbia conquistato un po’ tutti i musicisti di casa nostra: da Manuel Agnelli a Morgan dei Bluvertigo, da Vecchioni a Ruggeri, da Ligabue a Jovanotti non tutti certo con ottimi risultati ma sembra che questi non riescano più ad accontentarsi della musica. Ma veniamo al testo. Non conoscendo abbastanza il lavoro degli Estra mi pongo nei confronti di questo sullo Zero, con animo puro. Le situazioni che evocano le parole in questo libro sono semplici e cariche di emozione. Per esempio, in Tra parentesi la poesia che più mi ha colpito nel testo, sarà perché dentro c’è la storia della nostra attuale condizione di instabilità, Casale da una faccia alla consapevolezza che le cose non sono così semplici: non si moriva vecchi o malati o tutt’e due le cose insieme? A me morivano compagni di giochi/ di scuola/ zie giovani e intelligenti. Scaturisce una domanda generale da tutte le parole del volume, il poeta ne esce con la testa alta, non rassegnato. In piedi sullo zero ci conferma questo: non so che cosa mi abbia trattenuto/ ma ora sono qui, in piedi sullo zero/ lo zero che ero e sono/ eppure certo/ un po’ meno simile al mondo da cui ero venuto/ ora distinguo gli odori buoni in mezzo ai cattivi/ e il mondo poi/ posso vederlo ancora/ che corre velocissimo/ in direzione soltanto rettilinea/ ignorando il tondo il cerchio/ dimenticando la sfera/ la perfezione dello zero. La rabbia come forza d’urto per scalfire la realtà, la liberazione da tutti i mali. Concludo con le parole dell’autore: un attimo e vengo via dall’angoscia, l’angoscia, l’angoscia…/ un attimo e vado incontro alla terra, la terra/ e mi dico/ “Non ho il tempo, oggi, per morire”. Andrea Alessandro Di Carlo