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DELGADOS

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THE DELGADOS The Great Eastern Partita in sordina nel 1995, e già allora considerata fra le poche indie-label in grado di catalizzare attenzione internazionale (come hanno fatto le conterranee Postcard e Creation), 1a Chemikal Underground taglia oggi il traguardo della 40esima release della sua apprezzata attività discografica. E' significativo che dopo tante pubblicazioni importanti firmate Arab Strsp (gli esordi), Mogwai (sebbene oggi dimissionari), Magoo, Radar Bros., Sucklee, Cha Cha Cohen,1a label scozzese abbia voluto tagliare l'importante traguardo con i Delgados, ovvero il medesimo Combo con cui 1a sua avventura commerciale aveva preso il via. Con "The Great Eastern" (titolo che fa riferimento all'omonima fabbrica tessile costruita nel 18° secolo e poi trasformata in un ostello per soli uomini, salvo poi diventare rifugio per senzatetto, tossici e alcolizzati), i Delgados onorano egregiamente il nome della Chemikal e consolidano il loro status di pop band brillante, ingegnosa e originale. Quindici mesi di gestazione, l'impiego di tre differenti studi di registrazione (il tocco finale è stato dato in quel di New York) 1a complicità di un tecnico dal curriculum invidiabile (quel Dave Fridmamn già notato dietro le consolle di Flaming Lips, Mercury Rev e Mogwai) hanno consentito al quartetto di Glasgow di mettere in piedi l'album - il terzo della serie (il precedente, "Peloton", risale all'estate del '98) - più abizioso della loro carriera. Nelle dieci canzoni che lo compongono (tutte puntualmente trascinate dal collaudato tandem vocale Emma Pollock/Alun Woodward), ritroviamo l'estro pazzoide dei Flaming Lips, analoga abilità nel maneggiare la materia pop giocando su cambi repentini di registro, di mood, di suoni. Fra accelerazioni, rallentamenti, stop e strappi improvvisi, innesti sinfonici e deviazioni imprevedibili, ogni brano di "The Great Eastern" appare come un quadro strutturato a finestre. Finestre che si aprono e si chiudono senza soluzione di continuità in modo assolutamente anticonvenzionale. Il risultato è che in ogni quadro (canzone) sembra di vedere (sentire) più quadri (canzoni) assieme. L'effetto, a seconda della sensibilità e dell'umore di chi ascolta, può essere straniante o spiazzante ma è sempre e comunque ricco di fascino. Basta l'opening track "The Past That Suits You Best" per capire quanto complessa e originale sia la ricetta preparata dai nuovi Delgados: atmosfera palpitante, movenze sommesse, rumori d'ambiente e subitanee aperture orchestrali. La voce di Emma Pollock, sensuale e magnetica, si muove su un solco a metà strada fra Kristin Hersh e Sarah Nixey (Black Box Recorder) e regala passaggi memorabili specie in "Accused Of Stealing" (ballad velvetiana punteggiata di stralunate parentesi valzeristiche), in "Witness" (violini importanti direttamente dal paradiso) e nella conclusiva e delicatissima "Make Your Move". La stessa voce, quando poi è chiamata a dialogare con quella di Alun, fa volare altissime le chitarre del gruppo ("Reasons For Silece" e "Thirteen Gliding Principles"). Alun Woodward, timbro caldo e chiara propensione psichedelico. Un album che promuove i Delgados a pieni voti e li candida al ruolo di sicuri protagonista di questa stagione musicale.

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