DEEP DISH Lo dichiarano le generalità impresse sui documenti di identità: Alì Shirazinia, detto Dubfire, e Sharam Tayebi sono nati e cresciuti in Iran, da dove (ognuno per suo conto) fuggirono a metà anni Ottanta per sottrarsi all'asfissia culturale provocata dal fondamentalismo islamico. Destinazione: Washington, Stati Uniti. In testa, l'idea di lavorare con la musica. «In Iran ascoltavamo quel poco che arrivava dall'occidente: Boney M, Eurythmics, Culture Club, la colonna sonora di Flashdance», raccontano. Suoni trasmessi nell'etere da Radio pirata o provenienti da dischi diffusi in semiclandestinità. Arrivati in America, trovarono un habitat ideale per le loro aspirazioni nella nascente scena house e vi si immersero, prima come semplici frequentatori e poi - dall'altra parte della consolle - come DJ. Una volta incontratisi, all'inizio di questo decennio, non si sono più separati: la comune origine geografica e l'affinità nel gusto musicale come tenaci fattori unificanti. Un'etichetta discografica con lo stesso nome scelto per se, "Deep Dish", e poi un'altra, battezzata invece "Yoshitoshi", volendo produrre materiale proprio e altrui, per cominciare. E quindi un'ascesa inarrestabile ai vertici della scena house, culminata in una serie di remix di alto livello - Janet Jackson, Everything But The Girl - e consacrata dall'ingaggio nel team Tribal America di Danny Tenaglia. House "profonda", di impronta newyorkese, ma aperta alle influenze esterne: «Ascoltiamo di tutto, dal rock all'ambient e detestiamo i puristi», dicono. Evidenza inequivocabile del loro eclettismo, l'eccellente album edito lo scorso anno: Junk Science. Ma anche il recentissimo Yoshiesque, doppio CD di brani mixati che ricicla alcuni titoli del catalogo Yoshitoshi e soprattutto illustra le qualità da DJ del duo. «Yoshiesque rappresenta come siamo quando suoniamo dischi nei club, confermano». E, chi ha avuto modo di ammirarli dal rivo, può capirne il valore.