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BORIS

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 Perché dentro all’album ho trovato esattamente quello che non mi aspettavo di trovare. O forse quello che mi aspettavo di trovare? Ho aperto l’articolo dicendo che da Merzbow so sempre cosa aspettarmi mentre i Boris sono sempre pronti a lasciarmi con la mascella a penzoloni, mentre invece, in questo 2R0I2P0, i Boris sono esattamente quello che uno si aspetterebbe i Boris siano in una collaboration, mentre Merzbow è tutto tranne che il Merzbow che conosco. La prima traccia, “AWAY FROM YOU” (dall’album LϕVE & EVϕL del 2019) è spiazzante: la distorsione sonica da rumorista di Masami è messa al servizio della natura che i Boris evocano, accompagnando il canto pastoso di Wata e il basso gentile di Takeshi con un fondo di bambù al vento e di frulli d’ali, di squittii d’animali e grida d’uccelli. Il complesso crea un’atmosfera unica che introduce, quasi accompagnando come un’onda, l’ascoltatore all’album. La seguente “TO THE BEACH” (da Tears, sempre dell’anno scorso) scala gradualmente verso il meglio che l’album ha da offrire: le pulsazioni di Merzbow si fanno più graffianti, il basso è più presente, la batteria di Atsuo passa dall’ambient al punk con una facilità incantevole. Le successive “COMA” e “LOVE” proseguono la scalata lasciando sempre più spazio alle macchine malate del re del caos che i Boris hanno deciso di portarsi in studio, piegando al suo volere i propri strumenti in queste due tracce: le chitarre si allungano distorte su ruvidi muri sonori e anche le vocals si fanno indistinte e cantilenanti. Si arriva, a metà dell’album, a quella che mi permetto di reputare la canzone più potente e spietata dell’anno, una gigantesca e monolitica “ABSOLUTEGO” (dal capolavoro Dear del 2017) che si erge come un enorme blocco forgiato di rumore e riff nel mezzo dell’album, a rappresentare il monumento funebre di questo 2020 anticipato dal RIP fuso con la data a dare il nome all’album. Qui la voce diventa un inno al vuoto e al suono bianco, la sezione strumentale è un tutt’uno in una cosa che non è musica ma ha molta più armonia di tutte le note. Da qui in poi si torna alla quiete iniziale (o almeno, si cerca di farlo). La seconda sezione dell’album è molto più rumoristica e “primitiva” della prima: “EVOL” è un lungo tappeto vibrante intarsiato di linee chitarristiche acide che si contrappongono ad un cantato lontano, da leggenda giapponese. “BORIS” è ritualistica e ritmata, lascia il giusto spazio allo spirito più sludge dei Boris senza però fare in modo che ci si dimentichi della presenza di Merzbow, sempre pronto a schiantare qualunque accenno di quelle melodie a cui il trio è propenso ad abbandonarsi con una cascata di rottami e soffocante elettricità. La finale e quasi doom “SHADOW OF SKULL” (sempre da LϕVE & EVϕL) è la perfetta summa conclusiva di un progetto ambizioso come questo 2R0I2P0: lenta, rumorosa, inesorabile, misteriosa, affascinante: ciò che i Boris e Merzbow devono essere insieme ma che non mi aspettavo – o forse, e lo capisco solo ora che sto finendo di scrivere l’articolo, non speravo – di ascoltare.



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