La premiata ditta Diaframma garantisce tutto il rock “che non si suona più” che vogliamo, e senza troppi passatismi crossover-primi ’90) e fiero con un titolo che farebbe pensare a un racconto della malattia sviluppato a partire da un dettaglio spietatamente realistico e che invece è una metafora dei rapporti col mondo .Mite sarò, una delle canzoni vecchie, ugualmente parte aperta, quasi serena, mentre cerca alleanze sentimentali e personali contro i nemici dell’allegria, prima di mostrare la consueta disinvoltura nel passare dalla disarmante franchezza , da un ritornello all’altro (anche se non ai livelli del vertice di questi salti, ossia Mi sento un mostro da Camminando sul lato selvaggio). Anche Il sesso è nella testa mescola le riflessioni sul tema ai consueti dialoghi dell’autore con qualcuno che gli è vicino, tra strofe che scorrono notturne e la proclamazione che, se anche magari sopravvalutato, il sesso rimane la consolazione alla «disgrazia di esistere».