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BEVIS FROND

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La psichedelia come filosofia di vita: questo il modus vivendi di Nick Saloman, alias Bevis Frond. Il disco è un profluvio di acidità musicale, sonorità fiabesche e inserti chitarristici di sopraffina maestria. Il rischio esiste ed è quello di rimanere coinvolti, anche troppo, da questa musica passionale: uno, due, tre, enne ascolti e le note sembrano appiccicarsi addosso. Nick non inventa nulla, ma il suono dei suoi dischi è marchiato Bevis Frond senza alcun dubbio, una caratteristica, quella del suono altamente personale, che non tutti possono vantare. La formazione? Nulla di più semplice: Nick Saloman! Il nostro suona tutti gli strumenti, eccetto tre comparsate: Bari Watts (sodale di Nick, leader degli Outskirts of Infinity di cui farà parte anche lo stesso Saloman) alla chitarra solista in "Once more", Graham Cumming al piano in "Minsmere Sphagnum" e Mick Wills alla chitarra acustica in "Defoliation part two". Si comincia con un coriandolo pinkfloydiano di poco meno di due minuti, "Cries from the Inner Marshland", composto di suoni e rumori, introduzione a "Termination station grey", già un piccolo capolavoro nell'ambito sonoro (e temporale) del nostro. Con l'amore sconfinato verso Jimi Hendrix, la passione del nostro per i Byrds ha regalato alcune pagine eccellenti firmate Bevis Frond. "Termination station grey" non è propriamente byrdsiana in senso stretto, con il suo riff che si ferma a metà strada tra la psichedelia e il garage, ma il vibrato di chitarra e lo squisito ritornello non possono non ricordare il gruppo di Roger McGuinn. Assoli a profusione, voci, distorsioni a manetta: il nostro Nick non risparmia nulla e ci prepara a "Window eye". Il riff di tastiera è talmente psichedelico da rendere il profumo del ghiaccio secco: "Window eye" è una lunga ballata acida e malata, cantata dalla voce distorta del nostro, che in rari momenti spunta ripulita; il "disturbo", tra l'altro, è costituito da una seconda voce di Saloman, filtrata e resa inquietante, ma l'effetto è talmente esagerato che a un certo punto all'inquietudine si sostituisce il ridicolo. Conoscendo la passione di Saloman per gli scherzi e le burle, non posso che pensare ad un effetto voluto. "Once more" e i suoi sette minuti e mezzo concludono la prima facciata. L'introduzione è affidata a una voce che racconta qualcosa e poi arriva una musica chitarristica già compiuta, da lontano, ma è solo una falsa partenza. Dopo una seconda voce che declama tra gli echi, finalmente "Once more" prende il via canonicamente e si viene travolti dal fascino dilettante di un tale pezzo. I Pink Floyd dominano il campo, ma la chitarra di Bari Watts, il solista di questo brano, non è sicuramente alla David Gilmour, lanciandosi essa in un lunghissimo e straziante assolo di sapore hard-rock/meets/Jimi Hendrix con tutti i crismi (e senza risparmiare, per l'effetto ancor più stordente, la solista di Saloman in sottofondo). Da ascoltare a tutto volume! Si gira il vinile ancora piacevolmente ammaliati dall'assolo di Bari Watts e si riparte con "Defoliation part one", un pezzullo onirico-sonoro di quelli che piacciono da matti a Nick Saloman e poi si continua con il garage-hard rock di "Reflections in a tall mirror", riff durissimo, echi e l'assolo obbligatorio. "Hey Mr. Undecided" è un breve pezzo alla Syd Barrett, chitarra acustica, voce e organo, introduzione al capolavoro dell'album, "I've got eyes in the back of my head", riff ancora prono verso l'hard-rock, ma ritornello assolutamente fulminante e sottofondo di durezza arcigna. Ancora un frammento sonoro prima dei due pezzi finali, "Minsmere Sphagnum", poco più di un minuto e mezzo di voci e rumori. "Medieval sienese acid blues" è un classico alla Bevis Frond, un blues acido (come da titolo, a parte la medievalità senese, ma il nostro ama alla follia la campagna toscana) spazzato da assoli instancabili, ma che potrebbero sfiancare l'ascoltatore. "Defoliation part two" pone termine a questo che è il secondo album di Bevis Frond ("Miasma", l'esordio, è di quello stesso 1987), non prima di esserci allietati le orecchie con una barzelletta e conseguente risata! Psichedelia pastorale per cominciare, da menestrello in acido e poi un'esplosione di feedback, quasi una "L.A. blues" (Stooges, da "Fun house") della campagna inglese; il pezzo è meno interessante dopo la deflagrazione sonora, immerso nei soliti riff hard-rock e nei soliti assoli. Un bel disco, da non ascoltare con troppa frequenza e buona dimostrazione delle capacità di Nick Saloman, autore, polistrumentista, produttore e quant'altro. Il nostro non si fermerà più sino ai giorni nostri, ma questo è un altro discorso. http://bevisfrond.bandcamp.com/

BEVIS FROND è presentato in Italia da CORNER SOUL

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