Il primo album è un rischio, il secondo è sempre il più difficile, al terzo qualcuno neanche ci arriva. Quindi buone notizie: al terzo cd i Vampire Weekend sono vivissimi e sveglissimi, e confermano di essere la band più interessante della loro generazione o almeno della loro terra - New York, nati intorno al 1984, per dare le coordinate. Una buona definizione dell'album potrebbe essere “complicata semplicità”. I Vampiri scrivono canzoni facili, di quelle che ti perseguitano mentre guidi o ti viene da cantare sotto la doccia, ma non le sfogano di getto, ci lavorano nei dettagli fino allo sfinimento, un po' perché sono dei precisini e un po' perché il suono per loro non è solo un vestito. I Vampire Weekend I Vampire Weekend Questa volta hanno impiegato mesi, diciamo pure anni, per forgiare e limare, usando ogni sorta di alchimia tecnologica per cercare di rendere più caldo il suono che le macchine d'oggi tendono a servire ghiacciato. Si sono lambiccati il cervello, si sono sbizzarriti perché il pop è una cosa seria, cosa credete? Alla fine sono giunti a una miscela originale in cui hanno frullato di tutto, quello che ti aspetti (They Might Be Giants e Beck, per esempio) e quello che invece no (Paul Simon, una specie di papà putativo, e gli oscuri Bread, campionati in una canzone), sfidando con il loro garbo e acute sottigliezze la leggenda che per fare musica di successo oggi si debba essere per forza cinici e sgherri. La copertina è una foto vera, una inquinatissima New York del 1966 dove sì, svolazzavano i vampiri. Molto suggestiva, ma non c'entra niente con il disco e con le sue canzoni gioiose, petulanti, svitate. Segnatevi le migliori: Obvious Bicycle, Unbelievers, Finger Back, Worship You. www.vampireweekend.com www.myspace.com/vampireweekend