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KORPIKLAANI

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Certo, Manala non raggiunge i livelli dei primi (e fantastici) dischi della band di Lathi, ma ci dimostra come questi sei ubriaconi abbiano ancora qualcosa da dire. A mio parere Manala batte alla grande non solo Ukon Wacka, ma anche Karkelo che, a dirla tutta, escludendo le tre hit Vodka, Joudaan Viinaa e Bring Us Pints of Beer è piuttosto monotono. Manala dal canto suo è invero piuttosto vario: i 12 brani che contiene ci mostrano ognuno un lato diverso dell'offerta della band di Lathi, cosa che, sebbene la durata complessiva sia in linea con le ultime produzioni, spezza la monotonia di fondo tipica appunto dei precedenti dischi. Manca l'abituale "drinking song", ma piuttosto che sentire un'altra Tequila, episodio che giudico forzato e poco convincente, va decisamente meglio così (d'altro canto, di drinking song in repertorio per movimentare i live ormai i Korpiklaani ne hanno abbastanza, quindi tanto vale lasciare spazio ad altro). Le atmosfere festaiole e danzerecce comunque non mancano, con la rivisitazione della tradizionale Ievan Polkka (gli appassionati di anime tra voi la conosceranno già bene. Immagino che entro breve youtube sarà invaso da video di Jonne con un porro in mano...) e la tribale e in un certo qual modo Rammsteiniana Rauta (il mood danzereccio e l'entrata violenta delle chitarre mi ricordano un po' la proposta dei tedeschi). In quest'album c'è anche parecchio spazio per la malinconia e l'introspezione: Dolorous è una strumentale dal sapore nostalgico e agrodolce, con un violino struggente che fa sognare, ed Husky Sledge è un solo del nuovo violinista Tuomas Rounakari, che ci mostra la maniera di suonare il violino degli sciamani: la tecnica consiste nel ripetere diverse volte le stesse poche note diminuendo la pressione dell'archetto sulle corde ed avvicinandolo al ponticello fino ad ottenere uno strano suono frusciante; nel frattempo si tiene il ritmo battendo i piedi, ai quali sono legati alcuni campanelli. Sembra che Tuomas sia in grado di raggiungere uno stato di trance, suonando in questo modo: il risultato è più antropologicamente interessante che bello da sentire, ma contribuisce comunque a rendere ricca e variegata l'offerta di Manala. Anche altri pezzi, come ad esempio Uni e Metsälle, sono un po' più riflessivi del solito, ma senza scadere sulle lagne da ubriaco stanco. Hanno piuttosto quella malinconia e nostalgia di fondo tipici della musica tradizionale, un aspetto questo che ho molto apprezzato in quanto sa di ritorno alle radici folk, nonostante Manala sia anche un album in grado di spingere molto sulla parte metal: violino e fisarmonica, infatti, occupano un ruolo di primo piano meno frequentemente del solito e lasciano più spazio a chitarre, basso e batteria, che sono potenziati e messi in evidenza da un sound meno pulito e più cupo rispetto a quello degli album precedenti. Il cd è accompagnato da un bonus disc che contiene l'intero album cantato in inglese, un'idea di cui francamente all'inizio non intravedevo l'utilità ma sulla quale mi sono dovuta ricredere. Il bonus disc è la copia quasi esatta del disco originale (contiene anche i pezzi strumentali e le tracce sono nello stesso ordine) e ciò permette di scegliere quale versione ascoltare in base alle nostre preferenze. Io, ad esempio, preferisco quella inglese: cosa strana, tra l'altro, perché di solito tendo a preferire i gruppi che cantano in lingua originale ma devo ammettere che non mi piace molto la musicalità del finlandese e preferisco di conseguenza lo Jonne anglofono: le parole sono più corte e la sua voce ne guadagna in incisività, mentre con le parole lunghe del finlandese il suo modo di cantare risulta un po' strascicato, un aspetto che stufa facilmente. Per qualche strano motivo l'ultima canzone, Sumussa Hämärän Aamun, non è inclusa nel cd in inglese. Non capisco il perché della scelta ma poco male, dopotutto quest'ultima traccia non è certo tra le migliori del disco: si tratta di un brano lungo e duro, con un riff lento e pesante tipicamente doom metal, il che se da un lato costituisce un ulteriore "punto varietà" che Manala si porta a casa, dall'altro non convince appieno: l'aggiunta delle consuete melodie folk allegre nel ritornello crea un'atmosfera strana che non riesce ad essere triste, non riesce ad essere allegra, non risulta nemmeno epica... Insomma, non è né carne né pesce. Manala si apre con Kunnia/Honor, canzone punkeggiante e orecchiabile che avrete già avuto modo di sentire. Brano carino, ma abbastanza scontato, sicuramente non tra i migliori del disco. Tuonelan Tuvilla/At the Huts of the Underworld è invece un brano aggressivo, molto riuscito, con chitarre thrasheggianti ben armonizzate con i suoni più melodici di violino e fisarmonica ed uno Jonne che dà una buona prova di sé, variando il suo modo di cantare da strofa e ritornello creando un buon contrasto. Rauta/The Steel la conoscete già: di primo acchito mi aveva lasciata perplessa perché molto scarna, ma guadagna parecchio con gli ascolti ed ha un ritmo travolgente, quindi scommetto che farà furore nei live. Ruumiinmultaa/Soil of the Corpse è un altro brano aggressivo ed allo stesso tempo incalzante, con un ritornello allegro ed un violino scatenato. Petoeläimen Kuola, canzone dall'attacco molto thrash, è piuttosto diversa dalla sua controparte Predator's Saliva: quest'ultima ha delle parti vocali inusuali, con una voce molto pulita che si alterna ad un growl che, ipotizzando di ascoltare questa canzone senza sapere di chi sia, non sarebbe altro che la naturale conseguenza del riff thrash estremo su cui si regge il brano. Ma trattandosi dei Korpiklaani, beh, ci sono rimasta di sasso! La versione in finlandese, cantata da Jonne nel suo solito modo, perde il confronto. La successiva Synkkä/Dark Side è una ballad e... Sì, forse è un po' una lagna da ubriaco stanco: la voce che Jonne utilizza per questa canzone è strascicata e sgraziata e le conferisce un tocco di autenticità, ma a parte questo il brano non è niente di che, ha una melodia abbastanza banale e non si lascia ascoltare troppo volentieri. Per fortuna la noia di questa canzone è compensata dalla successiva Ievan Polkka/Ieva's Polka, il pezzo tradizionale dal ritmo sfrenato che ho già citato. Dopo le strumentali Husky Sledge e Dolorous il disco continua con Uni/Dream, altro brano incalzante e ben riuscito, con un bel giro di basso ed un violino che ne costituisce la ciliegina sulla torta. Anche Metsälle/Off to the hunt dovrebbe esservi già nota: si tratta di una canzone dal sapore arcano, che inizia malinconica e lenta e si sviluppa su ritmi più sostenuti, per poi rallentare nuovamente sul finale. Sumussa Hämärän Aamun, come ho avuto modo di dire nel paragrafo precedente, non chiude l'album granché in bellezza, ma quando Manala finisce la voglia di premere di nuovo "play" c'è, cosa che con i Korpiklaani non mi capitava da un po'. Un album, quindi, che mi ha lasciato soddisfatta e che resiste anche a numerosi ascolti. Mi auguro che sia l'inizio di una nuova risalita per la band di Lathi. Di sicuro hanno dimostrato di avere ancora qualcosa da offrire.

KORPIKLAANI è presentato in Italia da HELLFIRE BOOKING

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